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A Treasure: rassegna stampa & classifiche [ultimo agg.]

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2011 10:45
15/06/2011 10:45


A Treasure (NYAPS#9) è uscito in questi giorni in tutto il mondo (per i dettagli si rimanda alla precedente news).
In un'intervista, Neil Young conferma l'aspettativa di Archives Vol.2 per il 2012, spiegando che attualmente sta lavorando all'inserimento del contenuto video. Ha detto inoltre che saranno presenti in Archives altre tracce del periodo International Harvesters assenti, per motivi di spazio, su A Treasure.
(qui l'articolo originale)


Classifiche [ultimo aggiornamento 14/8]

World Mediatraffic: 30
World Musicharts: 28
33.000 copie circa nella 1^ settimana; 65.000 copie totali alla 4^ settimana.

Europa (top200): 34 - ? - ?
USA (top200): 29 - 78 - 146 - 165 (25.800 copie alla 3^ sett.)
UK (top200): 38 - 102 (5.600 copie nella 1^ sett.)
UK Country (top20): 1 - 1 - 1 - 3 – 4 – 4 – 3 – 2
Italia (top100): 56 - 95
Canada (top100): 18 - 68
Svezia (top60): 19 - 30 - 56
Norvegia (top40): 9 - 15 - 17 – 28 – 23 – 24 – 34
Belgio Wallonia (top100): 89
Belgio Flanders (top100): 79 - 43 - 39 - 59 – 84 – 97
Olanda (top100): 22 - 31 - 39 - 48 - 80 – 74 – 70
Danimarca (top40): 21 - 38
Francia (top200): 116
Francia nouveautes (top200): 78 - 129 - 112 - 122
Austria (top100): 39
Germania (top115): 28 - 49 - 71 - 103
Spagna (top100): 43 - 52
Nuova Zelanda (top40): 37
Australia (top100): 94 - 75
Australia Country (top20): 12 - 7 - 10 - 14 – 20(r)
Irlanda (top100): 23 - 43 - 92
Israele (top30): 25 - 21
Scozia (top40): 24
Giappone (top300): 188 – 233 – 222(r) (1530 copie alla 3^ sett.)
Croazia (top40): 13 – 19
Korea del Sud (top100): 39 - 68
Argentina (top20): 11 – 9(r)

(grazie a Luca 'Borderwolf' Vitali per i dati)


Rassegna stampa internazionale

E' Neil Young, basta questo per capire come mai il suo disco più intenso e di successo da anni a questa parte, Le Noise del 2010, sia seguito da uno dei più facili, spensierati e tradizionali live della sua carriera.
Si potrebbe pensare che semplicemente non c'è molto da dire su questa uscita, l'ultima nella Archives Performance Series – una compilation live presa dai tour del 1984-85 attraverso il cuore dell'America reaganiana con una band di veterani del country. Per lo più questa musica è fatta di sensazioni più che di pensiero. Semplici, belle canzoni che parlano di semplici e belle cose, come bere una birra e gettar via una lacrima.
D'altra parte, però, quando fai un passo indietro considerando il contesto, A Treasure diventa più di una collezione di brani country, messa insieme con glorioso, grezzo entusiasmo. Questo album è il sound di Neil Young quando gli si fa pressione.
Queste registrazioni risalgono direttamente al periodo in cui Young venne tristemente denunciato dalla sua casa discografica, la Geffen, per continuare a produrre “dischi musicalmente non rappresentativi”. I guai cominciarono con il suo debutto per l'etichetta, lo sconcertante Trans zeppo di vocoder (1982), ma esplosero con ciò che ne seguì nel 1983, Old Ways, registrato a Nashville (ma da non confondere con la versione drasticamente diversa uscita poi nel 1985).
Quando la Geffen lo rifiutò definendolo “troppo country” e chiedendo qualcosa di “più rock 'n' roll”, il vaffanculo di Young giunse in due tempi. Per prima cosa, si imbrillantinò i capelli per ottenere un parodistico ciuffo e gli spedì un lp di rockabilly anni 50, Everybody's Rockin'. Poi, senza il supporto dell'etichetta, riunì la miglior country band e andò in tour per suonare canzoni country a un pubblico country negli eventi più country possibile. Gran parte di A Treasure è stato registrato lontano dal solito circuito rock, a fiere di paese, rodei e show televisivi country. Questo, gente, è quello che succede quando dici a Neil Young di non suonare musica country. Lui prende e va a suonarla.
La bellissima e onestissima apertura, in stile Harvest Moon, di “Amber Jean”, una delle cinque canzoni inedite, definisce già il timbro. Scritta da Young per sua figlia appena nata, è un papà che canta della sua bambina e di tutte le cose belle che la aspettano. L'ordine del giorno sono valori di famiglia, amore, casa, lavoro, ma la band suona con un raro fuoco, e il cantante ha questo luccichio strano negli occhi. Dopo aver ascoltato la lacrimosa versione di “Are You Ready For The Country” qui inclusa, in effetti è difficile tornare all'incarnazione harvestiana del brano senza trovarla carente e fragile; gli International Harvesters s'infiammano di quel veleno gioioso che ricorda l'epoca di Time Fades Away. Ugualmente, una consumata ripresa di “Flying On The Ground Is Wrong” è persino più squisitamente dolce dell'originale dei Buffalo Springfield. Ma, complessivamente, non c'è roba bizzarramente fricchettona. Niente lama, niente uomini spaziali o Aztechi, niente occhi stanchi e morti di droga, niente Nixon, niente studenti ammazzati. La cosa più vicina a una “protesta” è “Motor City”, lievemente sgradevole, dove la protesta è che ci sono troppe dannate auto giapponesi sulle strade americane. E quando arriva si può sentire il tormentato pubblico che abbaia di approvazione.
E qui, a metà anni 80, era dura per un fan di Neil Young. Mentre faceva questi chiassosi spettacoli, Farmer Young stava anche elogiando Reagan utilizzando anche, nel momento della prima polemica sull'AIDS, un linguaggio omofobico durante le interviste. Non importa che i finali alti e solinghi del country fossero sempre stati parte del suo DNA. Per alcuni, tutto questo fu come vedere colui che cantava “Ohio” saltare le fila e unirsi alle forze di colletti rossi che spazzavano via Capitan America alla fine di Easy Rider.
Come accade spesso con Young, era difficile capire cosa diavolo stesse succedendo davvero. Poteva essere che, dopo che la Geffen lo aveva forzato in una direzione, lui avesse semplicemente presto quella opposta, come una palla vagante. A sentirlo 26 anni dopo, comunque, la questione non ha più importanza. Soprattutto, negli International Harvesters, Young aveva chiaramente trovato una band che lo infiammava come poche altre al di fuori dei Crazy Horse. Chi comprerà il bluray di A Treasure avrà anche le prove visive, in una tremolante collezione di spezzoni live.
Se dovete cavillare, potreste criticare la decisione di aver assemblato una compilation con canzoni da serate diverse, piuttosto pubblicare un documento integrale di uno dei concerti. Quindi, io avrei potuto fare tranquillamente a meno di tre dei brani inediti - “Soul Of A Woman”, un borioso blues che punta verso la direzione che Young esplorerà con i Bluenotes; la tipica commedia country di “Let Your Fingers Do The Walking”; e l'abbastanza stucchevole “Nothing Is Perfect” - per far spazio a uno non incluso, “Interstate”, una delle canzoni più desolate di Young che, con gli Harvesters, aveva la sua forma definitiva.
Verruche, cugini brutti, sbalzi di gratitudine, e tutto quanto, A Treasure traccia una fotografia perfetta di questo momento testardo e transitorio. Di sicuro non c'è paragone con l'altra inedita, “Grey Riders”, una spettrale e grottesca corsa alla “Ghost Riders In The Sky”, astutamente piazzata in chiusura, e non solamente perché gli Harvesters giungono a un nuovo apice di intensità. Qui, come Young se sapesse di non poterla più trattenere, la sua chitarra parte in straziati, nervosi e lancinanti strepiti. Lo si può chiamare il “sound classico di Neil Young”, se ci fosse una cosa del genere. Ma con l'urlo tagliente arriva un chiaro segnale. Le cose stavano per cambiare. Di nuovo.
Damien Love, Uncut


NEIL YOUNG PUBBLICA QUELLO CHE LA GEFFEN NON CONSIDERAVA “UN TESORO”
[…] A Treasure […] riunisce alcune canzoni in stile country composte da Young, tra cui “Amber Jean”, “It Might Have Been”, “Let Your Fingers Do The Walking” e “Nothing Is Perfect”. Quest'ultimo è un valzer country nel quale Young canta della gratitudine per la vita quotidiana in America, una terra dell'abbondanza […]. Anche gli arrangiamenti sono in uno stile country “distorto” come in “Are You Ready For The Country?” e “Southern Pacific”. L'album culmina con un brano in cui sembra che i Crazy Horse si scatenino insieme al Grand Ole Opry, “Grey Riders”, uno di quella mezza dozzina di brani degli Harvesters che Young non tornò mai a registrare.
“Una volta che fai una cosa davvero bene, non la vuoi tornare a rifare. La cosa naturale è procedere e trovare qualcos'altro”, dice il musicista 65enne e due volte introdotto alla Rock 'n Roll Hall of Fame. “Per il modo in cui abbiamo fatto quei pezzi, non c'è stata ragione perché io tornassi a farli. Se li potessi suonare ancora con la stessa band, lo farei, ma non posso farlo. Il disco riguarda proprio questo”. […] “La casa discografica fece di tutto per bloccare quello che facevo, ma per me sono alcune delle cose migliori che ho mai fatto”, dice. […]
Randy Lewis, LA Times


ROLLING STONE EDITORS' PICKS
[…] In tour con gli International Harvesters, Young eseguì sia i suoi classici in versione country sia nuovi brani dal suo album del 1985 Old Ways. Esordì anche con cinque nuove canzoni che non sono mai state pubblicate fino a questo live, una selezione delle esecuzioni degli Harvesters. “Amber Jean” è un amorevole dedica alla sua neonata figlia, mentre “Grey Riders” è una gemma epica con un sound vibrante stile Crazy Horse. Ma brillano anche le più vecchie: “Flying On The Ground Is Wrong” sembra essere uscita dai Flying Burrito Brothers anziché dai Buffalo Springfield.
Andy Greene, Rolling Stone


Il difficile periodo degli anni '80 per Neil Young è solitamente spiegato così: Young era assillato da problemi familiari, dalla battaglia con la casa discografica, e passava da uno stile all'altro come una farfalla in una fabbrica di lampadari. Ci sono stati esperimenti con musica elettronica, rockabilly, blues e country radicale. Persino la sua casa discografica lo denunciò per produrre musica “non rappresentativa di Neil Young”, qualunque cosa volesse dire.
La serie di pubblicazioni d'archivio di Young gli permette di avere l'ultima parola, o almeno di mostrare quello che stava facendo in un contesto più chiaro. A Treasure (Reprise) documenta la sua fase country e dimostra che, alla faccia di quello che sostengono i suoi detrattori, non fu davvero una “fase”, ma una delle sue periodiche immersioni, una delle meglio riuscite, con una band di otto musicisti chiamata International Harvesters. Comprendeva il suo vecchio collaboratore Ben Keith, insieme a strumentisti famosi della scena di Nashville come Rufus Thibodeaux, Spooner Oldham e Hargus “Pig” Robbins.
Il set include cinque canzoni inedite di Young, le quali si presentano in un credibile stile tradizionale Nashvilliano: l'umorismo rustico che cela il cuore spezzato in “Let Your Fingers Do The Walking”, lo spavaldo fuorilegge in “Soul Of A Woman”, la dolce celebrazione dell'arrivo di una figlia in “Amber Jean”, la saggezza dura e spirituale di “Nothing Is Perfect”, e l'incalzante e focoso “Grey Riders” - un nuovo, vecchio classico.
Quello che rende questo disco un “must” per tutti gli appassionati di Young è che gli Harvesters sono, musicalmente, la band più riuscita che il cantante abbia mai assemblato. Il violino di Thibodeaux e la steel-guitar di Keith sono la controparte della chitarra di Young; c'è un virtuosismo evidente, ma non va mai troppo oltre. Una band che poteva illuminare qualunque bar honky-tonk in un qualunque sabato sera.
Young rivisita un paio di vecchi brani mostrando le sue intenzioni. C'è una vibrata, scoppiettante versione della rockettara “Southern Pacific” e persino una rivisitazione di “Flying On The Ground Is Wrong” dei Buffalo Springfield, su cui cantava originariamente Richie Furay. Ricordando “Flying”, Young dice che la musica country non era stata solo un altro cambiamento d'umore degli anni '80, ma un pilastro essenziale nella sua carriera.
Greg Kot, Chicago Tribune


Quasi 30 anni fa, Neil Young attraversava una crisi artistica […], nel 1984 si immerse nel country con una band che nominò International Harvesters. Questo album live è un grandioso documento di quel tour. E' vibrante, è rock, ed è puro Neil Young.
La musica live è stata estrapolata direttamente dal soundboard, quindi gli acustici sono scricchiolanti e non ci sono noiose chiacchiere del pubblico (o applausi). L'esecuzione di standard come “Get Back To The Country” e canzoni da strada come “Bound For Glory” e “Southern Pacific” sono senza tempo.
Young rispolverò persino un suo brano dei Buffalo Springfield, “Flying On The Ground Is Wrong”, come fresca e disincantata ballata con un tocco di bossa nova nel ritmo. Gli otto musicisti dietro a Young – tutti famosissimi session-man di Nashville – è altrettanto straordinaria, sempre attenta al volume e alle dinamiche in modo da enfatizzare il ruolo tenorile di Young.
Dan Aquilante, New York Post


Lasciatemi finire questo pezzo, ragazzi e ragazze, e cercherò di venir fuori con una frase adeguata per descrivere la musica che sentirete nell'ultima pubblicazione d'archivio di Neil Young, A Treasure. Il modo più facile per la stampa di riferirsi a questo live di 12 tracce (risalenti ai concerti 1984-85) è quello di “disco country” - ma è parecchio sminuente.
[…] Consideriamo un paio delle cinque canzoni inedite ora rivelate in A Treasure: è facile immaginarsi Tammy Wynette e George Jones sul palco del Grand Ole Opry, mano nella mano, a cantare “Let Your Fingers Do The Walking” (be'... tranne che per versi come “ero così felice quando facevi belle telefonate”). E “Nothing Is Perfect” potrebbe essere una di quelle agrodolci, lente canzoni di un jukebox in un bar honkytonk […]. “Niente è perfetto nel piano perfetto di Dio / Guarda le ombre per capirlo / Ci ha solo dato le cose buone in modo che potessimo capire / come sarebbe la vita senza di esse”, canta Young scuotendo la testa. (Fate attenzione al lamento perfetto della pedal steel quando Young canta che la sua donna “sa davvero come stare col suo uomo”. C'è un lieve tocco di ironia, ma allo stesso tempo ti riempie il cuore).
Il punto è che il vecchio Neil non può non essere il vecchio Neil, indipendentemente dal genere su cui è concentrato al momento – e il periodo degli International Harvesters catturato su A Treasure non fa eccezione. “Motor City” è piena di “yuu-haa” ma la velocità, il mordente e l'orgoglio automobilistico del testo troverebbe spazio senza batter ciglio in Fork In The Road dell'anno scorso. Se il progetto di Young a fine anni '80, i Bluenotes, avesse incluso pedal steel e violino, potrebbero essere loro a fare “Soul Of A Woman”. I due pezzi originariamente usciti in Old Ways, l'album di Young del 1985 - “Get Back To The Country” e “Bound For Glory” - suonano come due vecchi, incalzanti brani country visti in distanza. Ma scavate nelle storie di cui parlano – Young che rompe col successo rock 'n' roll dei primi tempi e una giovane ragazza che fa l'autostop trovando l'amore “lungo la Trans-Canada Highway” - e troverete che questi twist sono tutto fuorché tradizionali.
La cosa migliore da fare, semplicemente, è sedersi e godersi il viaggio: “Are You Ready For The Country” è molleggiato e spavaldo rispetto all'originale di Harvest. E “Amber Jean”, dedicata alla figlia (“Questa è per te, tesoro”, dice prima che la band vi si lanci) è zeppa di luce e amore.
Potete dire che “Southern Pacific” forse ha la base di una tipica ode al treno, ma c'è una cattiveria nelle chitarre, un dolore nel violino, e gli strattoni nel banjo di Crawford (il suo riff di oltre 4 minuti è più stile Middle-East che non rurale) che trasformano il pezzo in qualcosa che non sarebbe stato del tutto fuori luogo nel distortissimo Mirror Ball con i Pearl Jam, del 1995. O ascoltate “Grey Riders” in chiusura del disco, e preparatevi alle esplosioni chitarristiche selvagge, furiose e pazzesche e bellissime come tutto ciò che c'è sul leggendario Time Fades Away.
So che ho promesso una frase per descrivere il sound che sentirete in A Treasure. Ho giocato con “grungebilly” e “Cosmic Hank”. Nessuno di essi rende la dovuta giustizia, comunque. La musica fatta da Neil Young e quella line-up da una-volta-nella-vita chiamata International Harvesters era ciò che era. Erano loro. Ed era grande.
Dio benedica Ben Keith: fu lui che – dopo aver ascoltato queste registrazioni – definì questa musica “un tesoro”.
Ben detto, Ben. L'hai detto meglio di quanto potessi mai fare io. Brian Robbins, jambands.com


CRITIC'S PICK
[…] A differenza dell'elettro-pop e del rockabilly, la musica country fu uno sforzo molto naturale per Young. E' diventato famoso come canadese espatriato innamorato della musica folk californiana, ma ci sono pesanti influenze country nei primi, celebri album di Young After The Gold Rush e Harvest.
Non sorprende che lo spettro di A Treasure sia insolitamente ampio, andando dai classici di Young a estratti da Old Ways (che uscì nove mesi dopo l'inizio del tour) e canzoni di quel periodo che fanno ora la prima apparizione su disco.
La chicca dai primi tempi è “Flying On The Ground Is Wrong”, che ci riporta ai giorni dei Buffalo Springfield. Qui è rivisitata con un timbro vocale rilassato che si dipana su un mare di atmosfera country dato dalla pedal-steel di Ben Keith.
Da Harvest viene invece “Are You Ready For The Country”, rimpolpata dall'intera forza degli Harvesters, in particolare dal grintoso piano di Anthony Crawford e dal felicissimo violino di Rufus Thibodeaux.
I momenti di maggior oscurità vengono dal dimenticato album del 1981 di Young e i Crazy Horse, Reactor. Il primo, “Motor City”, è trasformato in un honky-tonk esplosivo che rimanda alla perdita di fede e integrità nella (e da parte della) industria automobilistica americana. “Ci sono già troppe Toyota in questa città” canta Young, certo che la canzone non troverà mai spazio nelle radio di country.
L'altro brano oscuro, “Southern Pacific”, è la gemma del disco (insieme al bruciante “Grey Riders”, out-take di Old Ways). Qui, il regno sbiadito delle autostrade americane riflette il difficile momento economico con lavoratori in collarini blu di qualsiasi epoca. Il brano ha il ritmo di una locomotiva.
Sia Keith che Thibodeaux sono scomparsi dopo i giorni di queste performance, quindi in molti sensi questa musica è un testamento verso la loro fede nel country, così come quella di Young. In ogni caso, A Treasure è esattamente questo – una fotografia di Young in azione durante i suoi anni più irrequieti.
Walter Tunis, lexgo.com


Neil Young trascorse gli anni 80 creando più band che hits. Nelle interviste difese Ronald Reagan, prese in giro la Pepsi e la Budweiser in un video bandito da Mtv, e la sua casa discografica, la Geffen, gli fece causa per una serie di album stilisticamente divergenti. Uno di questi era Old Ways, che guardava indietro al country tradizionale ma la cui ruralità non era poi così distante dal famosissimo Harvest del 1972. Dopo alcuni zig zag tra il synht-pop di Trans, 1982, e l'impacciato omaggio al rockabilly anni 50 di Everybody's Rockin', 1983, uscì una versione totalmente riorganizzata di Old Ways nel 1985, in mezzo a una serie di tour supportati da una band di veterani della country music chiamata International Harvesters. Questo gruppo dalla breve vita includeva un vecchio collaboratore di Young, Ben Keith, e Spooner Oldham e Tim Drummond.
Gli International Harvesters magari non hanno raggiunto la celebrità nella carriera di Young come i Crazy Horse o gli Stray Gators, ma dimostrano il loro valore nell'ultima uscita della Archives Performance Series, che prosegue sprezzante dell'ordine cronologico e numerico (A Treasure, la sesta uscita della serie, è classificata come Volume 9; segue il precedente Dreamin' Man live 1992, ovvero il Volume 12). Finora la serie ha più che altro mostrato performance embrionali di quello che sarebbe diventato il materiale più celebre di Young; A Treasure è la prima uscita che getta i riflettori su un momento tra i meno celebrati della sua carriera. In quanto tale, questa movimentata compilation delle gemme degli Harvesters ci permette di guardare alcune delle cose fatte da Young negli anni 80 fuori da quel controverso contesto.
Tra tutto l'esercizio di stile che Young fece negli anni 80, la deviazione nel country con gli Harvesters fu, musicalmente, la più intonata con i suoi canoni degli anni 70. Ma Young attraversò quella musica con un personaggio calcolato perfettamente quanto l'umanoide problematico di Trans, o lo pseudo-Elvis di Everybody's Rockin'. Nel tour degli Harvesters, Young era lì non tanto per suonare musica country quanto per interpretare il ruolo di cantante country: arrivando sul palco con un cappellino Harley-Davidson, zampillando di retorica pro-America nelle interviste, e suonando in fiere di contea, rodei e show televisivi anziché nel solito grande circuito delle hall.
Solo Young sa quando fosse genuina questa immagine, ma le registrazioni di A Treasure catturano il reale desiderio di lasciarsi la Geffen alle spalle – e così il mondo istituzionalizzato del rock – rifugiandosi nel territorio più vicino al cuore. Grazie al violino spensierato di Rufus Thibodeaux, gli Harvesters trasformano la cavalcata di Harvest “Are You Ready For The Country” da inno “on the road” buono per le radio FM in un jingle pubblicitario per il loro nuovo Nashville-sound (sì, c'è anche “Get Back To The Country” di Old Ways). E se la casa discografica di Young e i vecchi fan furono frustrati da questo restauro da Music City, il pubblico medio Americano se lo divorò tutto. “Motor City”, dedicata all'industria automobilistica e tratta da Reactor del 1981, forse in origine era stata scritta eccentricamente, ma su A Treasure un pubblico entusiasta ne accoglie l'enfasi made-in-USA come un gospel.
Comunque, diversamente dalle precedenti pubblicazioni Archives Performance Series, la tracklist di A Treasure prende da momenti molto diversi della carriera. La raccolta non è tanto la testimonianza di un elaborato “fottiti” diretto alla Geffen, quanto il testamento della reputazione inossidabile di Young come ardente e inventivo performer – anche quando stava pubblicando i peggiori album della sua carriera. Le gemme, qui, sono rielaborazioni di un paio di momenti oscuri: una formidabile resa della vecchia “Flying On The Ground Is Wrong” dei Buffalo Springfield (scritta da Young ma originariamente cantata da Richie Furay) e una “Southern Pacific” con stop di ricarica che, da quel pigro boogie su Reactor, ne fanno una cavalcata per banjo che infuocherebbe un bar.
A Treasure vanta anche cinque pezzi inediti. Alcuni di essi potevano benissimo essere lasciati nel bidone dei bootleg, come la sfacciata e lacrimosa ballata “Let Your Fingers Do The Walking” e lo swing di “Soul Of A Woman”, che fa presagire la successiva band di Young, i Bluenotes. Ma gli altri trascendono quelli che erano gli anni 80 di Neil. Le dolci serenate di “Amber Jean” e “Nothing Is Perfect”, per esempio, potrebbero sedersi con agio insieme agli immortali in tono minore di Comes A Time, 1978, mentre la cavalcata finale “Grey Riders” anticipa il ritorno alla vita di Freedom, 1989. Tutto ciò fa capire che il più grande affronto di Young alla Geffen negli anni 80 non fu quello di fare dischi “non rappresentativi”. Fu di non concedergli la soddisfazione di pubblicare i suoi migliori risultati di quel periodo.
Stuart Berman, pitchfork.com


[…] La Archives Series è cocciuta ed erratica tanto quanto gli album studio di Young, che poi è ciò che la rende interessante, e A Treasure è l'uscita più intrigante fino ad oggi. Non è il “best” - le prime due pubblicazioni sono intoccabili – ma rappresenta un particolare momento della carriera di Young e mostra che, a discapito del limbo in cui si trovava, suonava ancora con energia, continuava a spingere e reinventare se stesso, e rispondeva agli istinti della sua musa.
Le 12 canzoni sono tratte dai tour tra l'84 e l'85. […] Per questi spettacoli, Neil Young partì per conto suo facendo ciò che voleva: assemblò una band country. Gli International Harvesters includevano alcuni dei più celebri musicisti country, come Spooner Oldham e Pig Robbins al piano, Rufus Thibodeaux al violino, Ben Keith alla lap steel e alla chitarra, Anthony Crawford al mandolino e così via. I musicisti erano molti e molto qualificati, e il set ci mostra Young all'apice del suo spasso con il country scatenato. L'apertura di “Amber Jean” - una delle cinque canzoni inedite nella tracklist – solleva bene la polvere della strada con doppi riff di violino e glissati di lap steel.
Altri brani come i valzer country di “It Might Have Been”, “Let Your Fingers Do The Walking” e “Get Back To The Country” si muovono sullo stesso ritmo vecchio stile. Precursori dell'album del 1985 Old Ways, suonano molto più vivi rispetto alle troppe sovraincisioni di studio. Qui non ci sono archi languidi e pesanti, solo arpeggi veloci e coretti acuti, e alla fine, il risultato è che le canzoni sono perfette così. Brani come “Southern Pacific” e “Motor City” sono solidi, le chitarre piene e torbide, e risultano migliori delle versioni pubblicate nell'album del 1981, Reactor.
Dunque Young sembra svelarsi in entrambi i lati su A Treasure. Ne vediamo il lato rozzamente country, ma non trascura la sua abilità di rocker. Il materiale inedito presentato qui – in particolare “Grey Riders” con i suoi assoli tuonanti – si dimostra all'altezza dello Young canonico, ed è piuttosto appetibile sia per i fan di lunga data che per chiunque capiti per caso su queste tracce.
A Treasure ci mostra un lato curioso di Young come performer, e conferma la sua imprevedibile visione artistica, ma la sua prodezza maggiore è di salvare belle canzoni relegate in album minori. D'accordo, anche se qui sono esponenzialmente migliori, non sempre rappresentano il meglio del songwriting di Young. Anche se qui non c'è il sound di Old Ways, quello che questo disco ha in comune con Old Ways è la solidità del sound generale, nonostante le canzoni prese da sé non si distinguano particolarmente.
Il canto di Young è fragile e dolce, e i musicisti vitali, ma se non vi dicessero che è Neil Young potreste confonderlo, in qualche momento, con un'anonima band locale. È evidente il sentimento gioioso di queste registrazioni – nonostante i problemi intorno a lui, per il mondo intero Young è un cantante libero – ma esse svendono la peculiare voce di Young e il suo songwriting. Come molti dei suoi album controversi, A Treasure lo mostra mentre cerca di grattarsi un prurito musicale – in questo caso, la tradizione country e western – e anche se funziona meglio che negli album, finisce per rimanere più un pezzetto curioso della storia di Neil Young che un grande disco live di per se stesso. Matthew Fiander, popmatters.com

Articoli originali
www.popmatters.com/pm/review/142748-neil-young-a-treasure/
www.hitfix.com/blogs/immaculate-noise/posts/interview-neil-young-on-a-country-treasure-next...
www.rollingstone.com/music/blogs/editors-picks/neil-young-and-the-international-harvesters-a-treasure-...
www.rollingstone.com/music/blogs/alternate-take/neil-young-unearths-his-country-treasure-...
www.latimes.com/entertainment/news/la-et-neil-young-treasure-20110615,0,16856...
leisureblogs.chicagotribune.com/turn_it_up/2011/06/album-review-neil-young-a-treas...
www.bellinghamherald.com/2011/06/14/2059149/sound-affects-music-reviews-...
www.nypost.com/p/entertainment/music/young_harvests_cd_to_treasure_UBRPYu1PmEcIpP...
consequenceofsound.net/2011/05/album-review-neil-young-and-the-international-harvesters-a-t...
www.kentucky.com/2011/06/13/1773514/critics-pick-neil-young-a-treas...


Rassegna stampa italiana

Rockol: recensione

Rocklab: recensione

Bresciaoggi: dagli archivi di Young un "tesoro" degli anni 80

BeatBlog: recensione e raccolta di interviste

Blog di Enzo Curelli: recensione

Freequency.it: recensione

Gibson.com: recensione

Si segnalano anche le recensioni pubblicate nei numeri di luglio di Buscadero e Jam.




Autore & traduzioni: Matteo 'Painter' Barbieri
[Modificato da Rockinfreeworld 14/08/2011 10:23]

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